giovedì 26 aprile 2012

Gnocchi di riso


Gli gnocchi di riso hanno una consistenza leggera, si accompagnano a condimenti freschi di cottura veloce, in modo da non coprirne la loro delicatezza. Ottima la valorizzazione in abbinamento con verdure fresche saltate. Nella ricetta che propongo il taglio è quello classico, se poi volete dargli un tocco di orientalità non dovete far altro che stendere l’impasto e ricavarne dei dischetti come gli gnocchi cinesi. Io non l’ho fatto perché visivamente parlando li trovo poco invitanti, mi ricordano i feltrini adesivi che si attaccano sotto le sedie. 

Ingredienti

-   350 gr. di farina di riso
-   200 gr. di farina "00"
-   1 lt. di acqua
-   50 gr. di burro
-   Sale q.b.

Setacciate le due farine e mescolatele insieme. In una pentola scaldate l’acqua con il burro e una presa di sale, attendete che giunga ad ebollizione dopodiché versate la miscela di farine.

Mescolate fin quando il composto non avrà riassorbito l’acqua e comincerà a diventare elastico. A quel punto togliete dal fuoco e stendetelo su un piano di lavoro leggermente infarinato. Il procedimento è praticamente uguale a quello degli gnocchi di patate cambiano solo gli ingredienti. Infarinate le mani per evitare che il composto vi si possa attaccare e lavoratelo formando dei piccoli cordoncini del diametro di 3 cm, che taglierete alla lunghezza di 2 cm.

Cuocete gli gnocchi in abbondante acqua salata con l'aggiunta di un cucchiaino d'olio per non farli attaccare. Capirete che sono cotti non appena risaliranno a galla.

Per il procedimento di conservazione degli gnocchi, massimo un giorno in frigorifero, vedi il post sugli Gnocchi di Patate.

martedì 24 aprile 2012

Gnocchi di patate


Quando ero bambino il rituale degli gnocchi, rigorosamente di martedì e giovedì, era osservanza di mia nonna che di norma li accompagnava al sostanzioso condimento di castrato. Ad essi seguiva la carne al sugo, carica di quel sapore che solo il povero evirato sa restituire. Un companatico per stomaci addomesticati, che aldilà del bel ricordo dei tempi che furono, a compiere lo stesso rituale oggi e con la stessa frequenza c’è il rischio di compromettersi i tempi che verranno. In famiglia la pratica si è poi tramandata, degli gnocchi intendo dire, il sugo l’abbiamo archiviato. Quanto segue è la ricetta di come li faceva la mia nonna, che ahimè ! se non avesse abusato col condimento avrebbe lasciato un ricordo di sola gloria. In essi prevale il sapore della patata e non della farina e si sciolgono letteralmente in bocca. 
        
Ingredienti

-   1 kg. di patate a pasta bianca (calcolate 200-250 gr. di patate a porzione)
-   250 gr. di farina "00"
-   25 gr. di parmigiano
-   1 uovo
-   noce moscata q.b.
-   sale q.b.

In un ampio tegame lessate le patate. Per la cottura partite sempre da acqua completamente fredda. Immergete le patate e portate ad ebollizione, dopodichè abbassate la fiamma e se sono di media grandezza proseguite per circa 40-50 minuti. E’ importante salare abbondantemente l’acqua al fine di creare intorno alla buccia un reticolo protettivo che impedisca al tubero di spaccarsi in cottura. Non vi preoccupate dell’elevato dosaggio di sale, in quanto la buccia non permette alcuna penetrazione. Infatti successivamente, quando le pelerete e dopo averle schiacciate, dovrete compiere un’ulteriore salatura. Inoltre non devono incamerare acqua altrimenti perdono compattezza, per tale motivo se dovete controllarne la cottura non praticate buchi con la forchetta. Riguardo alla pelatura, per rendere la pratica più agevole trasferite le patate ormai cotte in acqua fredda, così facendo eviterete che secchino agevolando il distacco della buccia.

Dopo aver tolto la buccia, con l’ausilio di uno schiacciapatate riducete le patate ad una purea, allargatele su una superficie piana, per arearle e favorirne il raffreddamento, e aggiungete la farina setacciata, le uova, il parmigiano, il sale e la noce moscata. Impastate delicatamente il composto fino ad ottenere un impasto omogeneo, non lavoratelo troppo altrimenti diventa eccessivamente morbido e colloso.

Dividete l’impasto in piccole quantità e aiutandovi con della farina per non farlo attaccare alle mani, arrotolate le singole quantità a formare dei cordoni dello spessore di 3 cm, che taglierete alla lunghezza di 2 cm.           

Lessate gli gnocchi in abbondante acqua salata con l'aggiunta di un cucchiaino d'olio per non farli attaccare. Capirete che sono cotti non appena risaliranno a galla.  

Se volete conservare gli gnocchi per consumarli in un secondo tempo, senza penalizzarli nella fragranza, dovete scolarli e passarli immediatamente in acqua fredda. In questo modo ne bloccherete la cottura. Successivamente distribuiteli ben larghi su un vassoio e irrorateli con poco olio, girate delicatamente, fate raffreddare e trasferite in frigorifero. Con questa pratica potete conservarli per un massimo di un giorno. Al momento del consumo non dovete far altro che portare l’acqua ad ebollizione, calarceli dentro per 15-20 secondi e scolarli.
 

venerdì 20 aprile 2012

Bagel


I bagel, "ciambelle col buco" sono un pane ebraico. La loro lavorazione prevede una precottura in acqua bollente o nel vapore e una successiva, quella finale, in forno. Tale processo permette alla pasta di gonfiarsi in acqua dando luogo alla formazione di una crosta particolare. E’ un pane che ha origini europee, ma la sua diffusione è senza dubbio datata agli inizi del XX secolo con le massicce immigrazioni ebraiche in america. New York ne è l’esempio, una moltitudine di forni confezionano bagel nei più svariati modi; farciti, glassati, dolci e salati. Ha una crosta densa ed un impasto straordinariamente morbido.     

Per 10 Bagel

- 260 gr. di farina "00"
- 90 gr. di farina di Manitoba
- 5 gr. di sale (1 cucchiaino)
- 12 gr. di lievito fresco
- 1 cucchiaino di miele
- 210 ml di acqua tiepida

Per la cottura

- 2.5 lt. di acqua
- 15 gr. di estratto di malto (in alternativa 1 cucchiaio di miele)

Per la guarnizione

- tuorlo di 1 uovo
- 2 cucchiai di latte
- semi di sesamo q.b.
- semi di papavero q.b. 

In una terrina setacciate le due farine. Intiepidite l'acqua e scioglieteci il lievito con il miele, ottenuta una mistura versatela sulle farine e girate, aggiungete il sale e continuate a girare per facilitarne lo scioglimento. Quando il composto è ormai amalgamato e compatto trasferitelo su una superficie infarinata e lavoratelo per 15 minuti, alla fine dovrete ottenere un impasto sodo, liscio ed elastico.

Riponete l’impasto nella terrina, perfettamente pulita, e coprite con pellicola trasparente. Lasciate lievitare per 1-2 ore o fin quando non raddoppia di volume.

Rovesciate l'impasto sul tavolo dopodichè dividetelo in 10 parti uguali e formate dei piccoli panini tondeggianti, quindi col palmo della mano schiacciateli leggermente. Ponete in una teglia foderata con carta da forno e lasciate riposare per 30 minuti coperti da un panno.

Aiutandovi con un dito della mano praticate un foro su ogni singolo paninetto e roteate il dito per allargarlo.

Preriscaldate il forno a 200° C. Nel frattempo cominciate la precottura in acqua bollente. In una capiente pentola mettete l’acqua con il malto o il miele e portate ad ebollizione, dopodichè abbassate la fiamma. Cuocete 2-3 bagel alla volta per 2 minuti, 1 minuto per lato. Tirateli fuori con una schiumarola, sgocciolateli bene e disponeteli su una teglia foderata con carta da forno.

Posizionateli ben distanziati l’uno dall’altro. Miscelate il tuorlo con il latte e spennellateci i bagel, quindi cospargeteli con i semi di sesamo e papavero.

Cuocete in forno preriscaldato a 200° C per 20 minuti o fin quando non giungono a doratura.
 

giovedì 19 aprile 2012

Cheesecake al lime e mirtilli


La cheesecake è uno di quei dolci che si presta ad una moltitudine di varianti, anche se il suo ingrediente principe rimane sempre il formaggio cremoso. Su quale tipo usare esistono varie scuole di pensiero, tra i più gettonati philadelphia e quark. Io sorpassato il dilemma, come nella classica New York cheesecake aggiungo anche della panna acida che conferisce cremosità e quel giusto contrappunto di acidità che nel formaggio fresco è sempre piacevole ravvisare. Sulla guarnizione sbizzarritevi come più vi piace, mandate i mirtilli lisci oppure in salsa, frullati, strapazzati, in composta o fate voi. Insomma buona cheesecake a tutti !

Per la base di biscotto

- 250 gr. di biscotti digestive
- 100 gr. di burro

Per il ripieno

- 500 gr. di formaggio cremoso (philadelphia o quark)
- 200 gr. di panna acida
- 150 gr. di zucchero
- 20 gr. di maizena
- 3 uova
- 500 gr. di mirtilli freschi (250 gr. per il ripieno e 250 gr. per la decorazione)
- scorza grattugiata e succo di 2 lime

Nel mixer tritate finemente i biscotti. In un pentolino fate sciogliere, senza mai sfrigolare, il burro. Ponete i biscotti sminuzzati in una ciotola, incorporateci il burro fuso e amalgamate bene. Imburrate una tortiera a cerniera di 20-22 cm e stendete sul fondo e sui lati il composto di biscotto. Trasferite in frigo per 1 ora. Trascorso tale tempo tirate fuori e avvolgete esternamente la base e le pareti della tortiera con un doppio strato di carta alluminio. Questo imballaggio si rende necessario per evitare possibili infiltrazioni d’acqua durante la cottura, che avverrà in un bagnomaria caldo, in forno.

In una terrina sbattete il formaggio fino a renderlo cremoso, aggiungete lo zucchero e la maizena, a seguire la panna acida. Incorporate le uova e sbattete ancora, poi unite il succo e la scorza del lime e infine i mirtilli. Mescolate delicatamente per amalgamare tutti gli ingredienti. Versate il composto ottenuto nella tortiera e livellate la superficie.

Ponete la tortiera precedentemente foderata dentro una teglia bordata dove verserete dell’acqua bollente ad un'altezza di 3 cm. Cuocete in forno preriscaldato a 180° C per 45 minuti. Vi accorgerete che la cheesecake è cotta quando comincia a solidificare, ma resta ancora tremolante al centro. Prima di consumarla va fatta raffreddare e solo dopo introdotta in frigorifero per almeno 4 ore. Trascorso detto tempo potete sformarla e guarnirla coi mirtilli.

mercoledì 18 aprile 2012

Panna acida


La Panna Acida è un prodotto di non facile reperibilità nei comuni generi alimentari Italiani. E’ infatti un ingrediente che viene principalmente consumato nei paesi del nord europa, in Russia è chiamata Smetana e accompagna i blinis, il caviale, il salmone e in genere ogni sorta di piatto caldo o freddo della tradizione. Anche in Francia è molto diffusa, col nome di Crème Fraiche e trova il suo impiego nella preparazione di piatti dolci e salati o come salsa d'accompagno. Quella che propongo di seguito è la versione per così dire casalinga, in quanto utilizzo la panna fresca già pastorizzata e addiziono ad essa dello yogurt anch'esso pastorizzato, pertanto non innesco alcuna proliferazione batterica. Considerate che quella realizzarta industrialmente subisce un altro processo. Vengono introdotti all’interno della panna non pastorizzata dei batteri, i lactobacillus e si lasciano agire fin quando non acidificano il composto, successivamente viene pastorizzata per arrestare la proliferazione batterica. Ad ogni modo, proliferazione a parte quella casalinga da risultati di tutto rispetto e il suo sapore non ha nulla da invidiare a quella in commercio. Conservate sempre la panna acida in frigorifero.

Ingredienti per 200 ml di prodotto
                         
- 100 ml di panna fresca
- 100 ml di yogurt bianco o Greco
- 1 cucchiaio di succo di limone

In un recipiente mescolate la panna allo yogurt, aggiungete il succo di limone e mescolate ancora. Ultimata l’operazione mettete del cellofane sul recipiente. Ponete la panna acida in frigorifero e lasciate riposare almeno un'ora prima dell’utilizzo.

martedì 17 aprile 2012

Il risotto


Per la preparazione del Risotto è bene tenere presenti alcuni gesti irrinunciabili che costituiscono il rituale per un’esecuzione tecnicamente perfetta. Io da sempre faccio tesoro dei consigli del grande maestro Gualtiero Marchesi. Ma veniamo a noi. La cipolla va tagliata finemente e fatta sudare nel burro senza fargli prendere colore, deve appassire lentamente, ci accorgeremo che è il momento di introdurre il riso quando l’acqua di vegetazione è completamente evaporata. Solo allora lo caleremo per compiere la "tostatura". In questa fase occorre girare il riso di continuo in modo da farlo impregnare alla parte grassa e non farlo attaccare al fondo della casseruola. Considerato che la presenza del burro deve essere strettamente necessaria ad imbiondire riso e cipolla, altrimenti confezioneremo un risotto untuoso, e che la presenza della cipolla ha il solo scopo di conferire una nota aromatica, il maestro Marchesi ce ne indica le dosi in un decimo del peso del riso per la cipolla, e in un quinto del peso del riso per il burro. Al termine della tostatura si bagna il riso con il vino, bianco o rosso a seconda del condimento che dovrà riceve, e lo si lascia evaporare, serve a dare quel tanto di acidità. Successivamente si addiziona il brodo. Anche per il brodo faremo riferimento agli stessi criteri di abbinamento attuati per la candidatura del vino. Per risotti con condimenti di carne useremo come liquido di cottura un brodo di carne, se il condimento è di pesce ovviamente un brodo o fumetto di pesce, mentre in presenza di ortaggi o verdure, un brodo vegetale. L’introduzione del brodo è da compiersi o in un’unica soluzione, o mestolo dopo mestolo, via via che il riso lo assorbe. Ora a differenza di quanto avviene nella tostatura è importante non girare il riso troppo spesso, ma farlo di tanto in tanto, per evitare che attacchi sul fondo della casseruola, girarlo di continuo sfalda il chicco. Circa il brodo e la sua salatura è bene puntualizzare una cosa; se lo adoperate già salato non è da compiersi un'ulteriore salatura del riso, al contrario se lo utilizzate liscio dovrete salare il riso. Ad ogni modo assaggiate sempre ciò che preparate, il palato resta sempre il miglior dosatore. Sulla consistenza finale del risotto interviene un discorso di gusti personali, c’è chi lo preferisce ben fermo, pertanto non deve far altro che portarlo a cottura con il brodo completamente prosciugato. C’è invece chi lo preferisce all’onda, allora interromperà la cottura quando il riso è leggermente brodoso, e introdurrà burro e formaggio, lascierà riposare un attimo, dopodichè girerà energicamente fino a completo riassorbimento del burro e del formaggio nel brodo in eccesso, dando così vita ad una vera e propria crema. Con tale gesto avrà compiuto quella che si definisce "mantecatura". Ovviamente se stiamo preparando risotti dove l'abbinamento con il formaggio non è appropriato e vorremo ugualmente compiere la mantecatura, quest’ultima potrà essere praticata con il solo ausilio del burro. Il burro rappresenta l’ingrediente che tradizionalmente viene impiegato nella preparazione del risotto, laddove i gusti non lo ritengano consono al proprio palato può essere sostituito con l’olio extravergine di oliva. Il nostro ci ricorda infine che il risotto comincia la sua cottura a fuoco tenue con la stufatura della cipolla, prosegue a fuoco medio con la tostatura del riso, e si conclude a fuoco vivace con la prima aggiunta di brodo. Per quanto riguarda le qualità di riso più appropriate esse sono il Carnaroli, il Vialone Nano, l’Arborio e il Maratelli. Mentre il tegame da adoperare, rigorosamente la casseruola di rame stagnato.

martedì 10 aprile 2012

Le farine


Le farine hanno un ruolo determinante nella lievitazione e conoscerle per saperle scegliere ne va della riuscita di ciò che prepariamo. Limitiamoci soltanto a suddividerle in farine forti e farine deboli e a capire per quali preparazioni sono più congeniali. La forza di una farina è espressa dal valore del coefficiente "W", esso indica la resistenza e la tenacia di un impasto. 

W - Il suo valore oscilla da un minimo di 140 a un massimo di 450.
 
W 140/160 - farine deboli (biscotteria, dolci friabili, pan di Spagna, ciambelloni, plum cake ecc.) 
W 180/260 - farine medio forti (panificazione in genere, pizza, pasta)
W 320/380 - farine forti (alto potere lievitante, panettone, colomba, ecc.)
W 400/450 - farine molto forti (adatte per rinfreschi del lievito madre o per rinforzare farine deboli)

Purtroppo il valore "W" delle farine che si trovano in commercio non è riportato in confezione, come avviene invece per quelle ad uso professionale, pertanto orientarsi all'acquisto diventa complicato. Diciamo grossolanamente che la forza di una farina è data dal contenuto proteico, più è presente quest'ultimo e maggiore sarà la sua forza.

farina "00" - proteine 9 %               
farina "0" - proteine 11 %
farina "1" - proteine 12 %
farina "2" - proteine 12 %
farina "integrale" - proteine 12 %

Una puntualizzazione in merito alla farina integrale. Essa seppur ricca di proteine non possiede un'elevata spinta lievitante. Ciò è dovuto alla presenza nella crusca di un enzina chiamato glutinasi, che sottrae elasticità al glutine. Pertanto se la utilizzate non aspettatevi la stessa lievitazione che riuscireste ad avere con le farine bianche.  

Circa le farine "confezionate", quanto di più prossimo abbiamo a disposizione, esse possono essere semplici o miscelate. Di seguito l'etichettatura.

farine "00" specifiche per prodotti non lievitati - da 80 a 150 W
farine "0" e "00" generiche - intorno a 150 W
farine "0" e "00" specifiche per pizza - da 200 a 280 W
farine "00" specifiche per dolci lievitati - intorno a 300 W
farina "0" manitoba - da 260 a 420 W

Detto ciò ! non mi resta che augurarvi una buona sperimentazione.

martedì 3 aprile 2012

Le emulsioni

In cucina  le salse rappresentano l'ideale valorizzazione delle pietanze, nonchè un succulento richiamo visivo. Vista la vastità del campo a cui il termine emulsione fa riferimento, è bene chiarirvi che quanto di seguito riportato sottintende al solo settore squisitamente culinario e più specificatamente alle emulsioni per dispersione di grassi di origine vegetale in acqua e stabilizzate da sostanze tensioattive. Possiamo annoverare come tali tutte quelle salse composte da un liquido ed una materia grassa che combinati insieme a sostanze tensioattive e sbattuti tra loro, per mezzo di miscelazione meccanica, danno luogo ad un composto stabile. Le molecole tensioattive che svolgono il ruolo di emulsionanti hanno come caratteristica la capacità di miscelare i liquidi ai grassi, permettono cioè all'acqua di incorporare un certo quantitativo d'olio. E' il caso della maionese dove il tuorlo dell'uovo recita due parti in commedia; costituito dal 50% di acqua, si miscela all'olio per mezzo delle molecole tensioattive, presenti anch'esse al suo interno nella misura del 30%. Altri ingredienti in diverse percentuali sono costituiti dalle medesime molecole, pertanto miscelandoli a liquidi e grassi possiamo creare le emulsioni più svariate.

Molecole Tensioattive
               
- Tuorlo d'uovo                                      
- Colla di pesce                                      
- Mostarda di Digione                           
- Aglio
                                               
Liquido   

- Concentrato di carne 
- Concentrato di pesce
- Concentrato di verdure
- Altro concentrato

Parte Grassa  

- Grassi di origine vegetale

Alcuni esempi:

mostarda di Digione - concentrato di carne - olio extravergine

colla di pesce - succo concentrato di carota - olio al basilico

aglio - fumetto di pesce - olio al prezzemolo  

Il riso

Il riso (oryza sativa) è una graminacea con ciclo annuale di raccolta. Il frutto secco detto cariosside è formato da un germe, uno strato aleuronico e da strati di glume. La sua commestibilità è dovuta alla sbramatura che lo libera dal contenuto di silice. Si ottiene in questo modo il riso sbramato o integrale, se poi si prosegue nella raffinatura eliminando il pericarpo, lo strato aleuronico e parte del germe si giunge al riso raffinato. Le sottospecie in cui si suddivide sono:

Indica: E' coltivata nei climi tropicali, la cariosside è snella e allungata.    

Japonica: E' coltivata nei climi temperati, la cariosside è corta e tondeggiante.

Javanica: Tra le tre sottospecie è quella di minor diffusione, è coltivata in Indonesia, la cariosside è larga e allungata.

Dalla ibridazione della sottospecie Japonica derivano le varietà coltivate in Italia. Esse sono:

Riso Comune o Originario: E’ adatto per le minestre e le zuppe, per la preparazione di arancini e supplì, per i timballi e anche per i dolci di riso. Il tempo di cottura è di 12-13 minuti, vi fanno parte l’Originario, il Balilla e il Rubino.

Riso Semifino: E’ impiegato per i timballi, le minestre e i risotti. Il tempo di cottura è di 13-15 minuti, vi fanno parte il Vialone Nano, il Maratelli, l’Italico e il Rosa Marchetti.

Riso Fino: Si presta per le ciambelle di riso e le verdure ripiene di riso, è ottimo consumato bollito. Il tempo di cottura è di 14-16 minuti, vi fanno parte il Ribe, il S.Andrea, l’Europa e il Ringo.

Riso Superfino: Viene impiegato per i risotti. Il tempo di cottura è di 16-18 minuti, vi fanno parte il Carnaroli, l’Arborio, il Baldo e il Roma.   

Una nota a parte è rappresentata dal riso Parboiled. Esso è un riso che subisce particolari trattamenti al fine di mantenere meglio la cottura, praticamente non scuoce. Per mezzo di questo trattamento si arricchisce inoltre di vitamine e sali minerali, quasi alla stregua di un riso integrale. E’ generalmente impiegato per la preparazione di insalate di riso.

Per quanto riguarda la sottospecie Indica essa è costituita dalle seguenti varietà:

Riso Basmati: E' consumato bollito come accompagno a pietanze in genere o verdure, si presta inoltre per la cottura con il metodo pilaf. Il tempo di cottura è di 9-11 minuti, se si attua la cottura pilaf che avviene in forno i tempi si allungano. 

Riso Venere: E' un riso aromatico che ben si adatta alla cottura bollita e a risotti che abbiano come accompagno ingredienti non troppo marcati, altrimenti ne coprirebbero la delicatezza. Ottimo in abbinamento con verdure. Il tempo di cottura è di 40-45 minuti.     

Riso Selvaggio: E' un riso che nasce spontaneo e non ha bisogno di essere coltivato, si presta anch'esso come in genere tutti i risi Indici ad essere bollito e consumato come accompagno alle pietanze. Il tempo di cottura è di 40-45 minuti, alcune varietà hanno bisogno di un ammollo iniziale prima della cottura.

Riso Patna: Questo riso è molto versatile, può essere cucinato con il metodo pilaf, oppure bollito per insalate di riso, o ancora per essere saltato con gli ingredienti tipici della cucina indiana ed orientale. Subisce lo stesso trattamento del parboiled, pertanto tiene bene la cottura e non scuoce. Il tempo di cottura è di 10-12 minuti.